Quattro giorni in Sila su due ruote

Capita di avere voglia di pedalare quattro giorni sulle strade della Sila, se ne parla, si programma il viaggio, e via.
L’ho fatto dal 18 al 21 agosto in compagnia di un mio nipote trentenne, cioè di 36 anni più giovane. Non è stato facile, però trovando il passo giusto, niente è impossibile; faticoso sì, ma per noi la fatica fa ancora parte della vita.
Prima tappa Camigliatello-Lorica, via Silvana Mansio; seconda Lorica-Villaggio Palumbo, passando per Bocca di Piazza; terza tappa Ampollino-Cecita, via San Giovanni in Fiore, Serrisi e laghetto di Ariamacina, lungo il Neto; ultima tappa dal Cupone a Lagarò, a Varco San Mauro, a Rose, fino a Castiglione Cosentino.
Impresa interessante da molti punti di vista: abbiamo osservato, fatto incontri, affrontato imprevisti, gioito, sopportato.
Le strade sono forse il problema più importante, se escludiamo le incognite meteorologiche. Lo stato generale delle strade costringe il ciclista a stare concentratissimo, specialmente in discesa, quando si avrebbe voglia di lanciarsi senza freni verso valle. Il fatto poi che ogni tanto si incontri un tratto con manto decente complica le cose, anziché semplificarle, perché può farti illudere che puoi rilassarti!
Se i governanti locali e nazionali andassero ogni tanto in bicicletta, si renderebbero conto dello stato pietoso delle strade. Non basta dare nomi evocativi alle vie di comunicazione, tipo “Autostrada del Mediterraneo” o “Via dello Spirito”, o apporre ogni tanto segnali di “strada dissestata” per risolvere i problemi della viabilità. Né basta istituire la cosiddetta “Ciclovia dei parchi” per attirare magicamente la gente.
In verità, riconosciamo che la “Ciclovia” è una idea bella: si tratta di un itinerario che va da Reggio Calabria al Pollino, che idealmente collega i vari parchi della Calabria. Da Reggio sale sull’Aspromonte, prosegue per serre e creste, passando per Serra San Bruno, scende alla depressione tra Lamezia e Catanzaro, sale a Tiriolo, passa per Lorica sul lago Arvo e per il Cupone sul Cecita, scende ad Acri e a Bisignano e si dirige verso il Pollino, fino a Laino Borgo.
Abbiamo incontrato un siciliano con il fisico dello scalatore, basso, asciutto, tutto muscoli e nervi, che viaggiava da giorni, diretto alla meta tra Calabria e Lucania. Portava con sé tre bagaglietti, uno fissato alla sella, uno al manubrio e uno sospeso al tubo orizzontale del telaio; bellissimo!
Certo, nella “Società signorile di massa”, che crede di avere espunto sudore, dolore e fatica dalla vita, quest’esperienza potrebbe apparire insensata. Invece, contemplata nella giusta luce, appare bellissima: tempra il corpo e la volontà, allena all’essenzialità e alla pazienza, insegna l’umiltà e l’attitudine a fidarsi degli altri dai quali si dipende nel bisogno e negli imprevisti.
Come è apparsa ai nostri occhi di cicloamatori o pellegrini su due ruote la Sila?
Camigliatello, secondo le parole di un operatore turistico, ha perso fin dall’inizio il treno; Villaggio Palumbo mette tristezza, per via dei “casermoni” semiabbandonati, francamente incompatibili con un’idea di parco intelligente; il Cupone, all’estremità del Cecita verso Longobucco e Bocchigliero, un collo di bottiglia e una bolgia nei giorni d’agosto; Lorica, forse anche grazie alla sede del Parco, è l’unico centro che promette uno sviluppo armonico.
Ovviamente, la natura e l’ambiente grazie a Dio in Sila ancora regnano sovrani: le foreste di faggi, di pini e di abeti sono un immenso tesoro, e inebriano di essenze a ogni pedalata; gli uccelli specie all’alba e al tramonto incantano; i laghi sono specchi celesti, al mattino spesso immobili nella quiete dei boschi; le fungaie, ben celate, sonnecchiando captano l’umidità e si preparano a far spuntare tricholomi, cantarelli, amanite e boleti dal fogliame; i rari e minimi armenti al pascolo diffondono, indispensabili, le antiche onde sonore dei campanacci.
Rientrati a casa, siamo stanchi ma felici; anzi, mentre ripariamo le bucature e proviamo ancora i brividi delle montagne russe, ripensando alle galoppate a rotta di collo dall’Ampollino al ponte sull’Arvo sotto San Giovanni, e da Lagarò a Petraro di Rose per un migliaio di metri di dislivello, immaginiamo già la prossima bell’impresa per la ‘Silva’ immensa, su due ruote.

Tommaso Cariati

4 Replies to “Quattro giorni in Sila su due ruote”

  1. Meraviglioso, mi è sembrato di essere lì con voi, come spettatrice! Suggestivo e poetico il tono descrittivo.

  2. Magnifica esperienza. La potenza evocativa del racconto scatena emozioni fortissime grazie alla forza della parola.
    Complimenti

  3. Una descrizione plastica del viaggio, un racconto che pare modellarsi tra le discese e le salite, intervallate dagli altopiani, è come esserci stato con voi. Luoghi di un potenziale importante ma

    purtroppo trascurato, ove non addirittura deturpato.

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