Occidente narcisista, Oriente solidale

I primi giorni di settembre i leader di mezzo mondo hanno fatto visita alla Cina per prendere parte alla parata di mercoledì 3 in ricordo, dal punto di vista cinese, della fine della Seconda guerra mondiale. Molti di loro però nei giorni precedenti hanno partecipato a un importante vertice politico, la riunione periodica dei paesi che fanno parte dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, fondata un quarto di secolo fa per curare la sicurezza in quel quadrante del mondo.
Chi voglia farsi un’idea di questi eventi nel Web trova foto, filmati, dichiarazioni, commenti di giornalisti ed esperti di questioni internazionali, nonché il film in varie lingue di tutta la parata, dall’arrivo e presentazione degli ospiti, numerosi e variamente abbigliati secondo i costumi dei loro paesi, fino all’esibizione degli ordigni letali.
Del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai colpisce innanzitutto la familiarità e l’amicizia, perfino la gioia, che i leader mostrano nel momento di incontrarsi; in secondo luogo, fanno riflettere alcuni passaggi dei discorsi di Xi Jinping, Putin, Modi, nei quali si auspica una genuina cooperazione tra i paesi membri, indipendentemente dalle loro dimensioni e dalle loro rivendicazioni reciproche; in terzo luogo, colpisce il fatto che l’India, un paese filooccidentale, a causa di dazi demenziali del 50% che Trump le ha imposto, o grazie ad essi, abbia risposto picche agli americani e si sia affidata pienamente e con entusiasmo a questa compagine di stati, come pure ai Brics, nonostante le tensioni alla frontiera con la Cina.
Della parata gli osservatori hanno sottolineato la cura meticolosa di tutti gli aspetti, anche del minimo dettaglio, e ne hanno ammirato la grandiosità e la potenza, della quale ordine, dimensioni e dispiego di mezzi sono simbolo. Una cosa colpisce in aggiunta, la semplicità con cui Xi Jinping si è presentato in pubblico e ha svolto il suo ruolo di supremo rappresentante di una grande potenza e di un popolo numeroso dalla lunghissima storia,
a cominciare dal sobrio abbigliamento, la divisa grigia stile Mao Zedong. Questo dato risalta enormemente se confrontato con l’ossessione degli occidentali, specie delle occidentali, per i colori e la moda, gli abbinamenti e la griffe, i consulenti dell’immagine, la vuota apparenza.
Qualcuno di quelli che se non appaiono non esistono ha ironizzato su questi avvenimenti cinesi, accusando i partecipanti di cospirare contro l’impero, in verità crepando d’invidia.
Ma dove hanno studiato relazioni internazionali e diplomazia i politici occidentali?
Molti ormai salutano o profetizzano l’avvento di un nuovo ordine mondiale. Naturalmente coloro che sono condizionati dagli schemi egemonici, e non sanno immaginare il mondo senza un impero che detti legge, sperano o temono, a seconda delle simpatie, che il futuro sia della Cina. Vi è anche chi ritiene che stia semplicemente avvenendo una ristrutturazione dei rapporti di forza che porterà, non a una rivoluzione, ma solo a una riforma. Da questo punto di vista, l’India che si è mostrata in Cina sarebbe la vera rivelazione. Vedremo se il mondo in futuro sarà tripolare o multipolare!
Dalle nostre parti invece ci sono commentatori che non sanno resistere alla tentazione di chiamare Putin “dittatore e criminale”, di ritenere che certamente la Cina dominerà la Russia, di azzardare che, se Putin era a un lato e Jong-un all’altro, non è per l’onore fatto da Xi Jinping a entrambi, ma perché il cinese non “vede di buon occhio l’amicizia tra i due” (sic!).
L’Occidente si avvita su se stesso e non riesce a guardare più lontano del proprio ombelico, accecato dalla presunzione e dall’egocentrismo, nonostante duemila anni di cristianesimo che in tanti modi dovrebbero aver fecondato il pensiero e il modus operandi dei leader, oltre che della gente.
Ma chi l’ha detto che senza impero non ci sia storia?
Noi usciamo dagli schemi e speriamo in un mondo multipolare o multinodale, con tanti centri e nessuna periferia. Un mondo non volgare e banalizzato da uniformità e omogeneizzazione veicolate dal centro dell’impero, in cui ogni popolo ritrovi il proprio ruolo originale nella storia. Insomma, insieme a qualche studioso, osiamo immaginare che la fine dell’ultimo impero segni l’inizio di un mondo non polarizzato, a rete non a piramide.
Gli angloamericani purtroppo ritengono, con Adam Smith, che se uno la sera mangia lo deve all’egoismo del macellaio e del panettiere, non alla loro bontà: poi la mano invisibile del mercato mette a posto le cose e fa giustizia! Allora perché meravigliarsi se l’egocentrismo e l’antropocentrismo in Occidente sono saliti alle stelle? Se la scienza economica, almeno in Europa, si fosse sviluppata seguendo il pensiero di Antonio Genovesi, primo titolare in Europa di una cattedra di Economia, che combinava utilità economica con attenzione alla società, variabili economiche con etica e filosofia morale, non saremmo a questo punto.
Xi Jinping ha detto che il mondo non ha ancora scelto tra la guerra e la pace. Meditate gente, meditate! avventurieri europei e atlantici che abbaiate in Ucraina, Finlandia, Estonia, Georgia, Armenia, Azerbaijan ecc., meditate!
Ci chiediamo: dobbiamo sperare che i paesi Ocs e Brics insegnino al mondo umiltà e responsabilità, stile diplomatico e sapienza, rispetto reciproco e cooperazione?

Tommaso Cariati

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